Tuesday, November 21, 2017

Sproloquio


Insoddisfatti e invidiosi. Il sistema spinge a mantenerci in questo stato.
Spendere di più per colmare il vuoto serve a creare dipendenza. Il cocktail bombardante di cazzate, talent show e notizie fake da social media guida e indottrina i meccanismi di ragionamento e sudditanza. Ma non solo. Si modificano i criteri di estetica e di gusto.
Oggi sono finito in un grande centro commerciale fuori Roma. Una cittadella autosufficente. Vedo uno stand di Xfactor per effettuare selfie con le sagome di polietilene espanso di Fedez, Manuel Agnelli, Mara Maionchi, e una tizia di nome Levante. Non mi soffermo su nessuno di loro perchè sarebbe banale e di parte. Tutto questo, mala o buona fede dei quattro sopra citati, fa parte di un meccanismo. Il meccanismo per una massa demente e bisognosa di speranza. A cosa triste è che questa speranza viene elargita tramite protagonisti scialbi e al limite del credibile.
Prendere posizione o giocare il gioco buonista dei social media? Prendo posizione.
Del resto quante volte sono stato preso per il culo o accantonato per la mia lingua biforcuta.
Il punto è che oggi, il mio paese, forse il più complesso, sfaccettato, controverso, e ricco al mondo, ha come metro della misura il dipreismo, Rovazzi, il rap dei tatuaggetti al collo (e sottolineo NON hip hop, per non tirare in ballo un altro mondo ben più complesso), e i Talent. Il mio paese festeggia la morte di Totò Riina, ma si esalta con Gomorra e Suburra. Ci si sente far parte. Da una parte si punta il dito per salvare la faccia, dall’altra parte dello schermo del computer invece si vuole fare i guappi. I guappi di cartone.
Ecco come siamo arrivati fino a qua. Per comodità.
Eppure come mi rode il culo vedere i ragazzi e le ragazze scuotere la testa cercando di essere “più americani”. L’ossessione di essere per forza qualcos’altro, qualcosa di fico, “cool”. E lo dico io che devo tutto all’America, ai tour in America.
Abbiamo almeno 2600 anni di storia e ciondoliamo facendo “V” con la manina facendo centinaia di selfie dalla mattina alla sera. Non è nemmeno più autocelebrazione. È qualcosa di più drammatico. Il bisogno di sentirsi vivi. È tremendo.
Sembrerò un povero pazzo, un seguace delle cospirazioni, un fissato delle scie chimiche. Oppure più semplicemente sto diventando vecchio e faccio come i bigotti che negli anni sessanta e settanta avrebbero linciato volentieri gli Stones e i Doors.
O forse non tollero più questo futuro che ci viene imposto. Un futuro di aggiornamenti continui, di bisogno di apparire continuo, di opinionisti non richiesti. Probabilmente un pò come me. Ma non me ne frega un cazzo. Anzi, me ne frega eccome. Perchè sono un sopravvissuto, perchè non mi arrendo, perchè sono libero, perchè ascolto metallo pesante, che è la droga migliore. Mi dà forza, mi ispira, mi esalta. Traccia la linea di demarcazione tra me e loro. Tra noi e loro.

Perchè so che tutto sommato non sono solo.