Tuesday, January 8, 2013

Le sagome di legno.


Roma, 2 gennaio.
File di medi davanti al negozio delle scarpe Hogan. Per i romani dabbene, lo noto pur con tutto l'amore che provo nei loro confronti, le Hogan sono ancora simbolo di emancipazione.
Milano, qualche giorno dopo.
File di basso borghesi intruppati, anche se con meno convinzione dei cugini romani, davanti all'entrata di Moncler. Perchè c'è ancora qualcuno che mette il moncler. Tiene caldo, è tanto carino, è così colorato.
Sono iniziati i saldi: bisogna mandatoriamente comprare. Anche se non si deve. Anche se non si ha voglia. Con volti impersonali e sguardi anestetizzati.
Automi, scatole di legno, sagome di cartone.
Un piccolo passo in dietro nel breve termine.
Natale. La festa di Gesino Bambù che porta i regali, Gesù Bambino anagrammato dalla buon anima di mio zio.
I bambini sono contenti perchè Babbo Natale, che lavora per la televisione da almeno quando l'hanno inventata, porterà loro tanti regali, a patto che si siano comportati bene.
A patto che i genitori o chi ne fa le veci abbiano abbastanza voglia o soldi per farglieli, dei regali.
A patto che non sia ancora scoppiata una guerra termonucleare.
Io vorrei che il Natale fosse realmente la festa che dovrebbe essere per la religione cristiana. La nascita di Gesù non dovrebbe infatti essere celebrata mediante una gioia semplice e raccolta, scevra di frivolezze pagane termoguidate dal Grande Fratello Pre-Orwelliano, pre-cataclisma?
E invece no, a Natale siamo tutti più buoni. Quindi tutti in fila da Nespresso a sudare per il nuovo sapore proveniente dall'India, con accenti di scorza. Perchè la scorza fa tanto Natale.
Ma non ci sono soldi, mi dico, eppure come fa Pec ad essere pieno di vecchietti rimbambè che venderebbero il nipote per un pezzo di capitone o un quarto di aragosta in gelatina?
Le file. Con la security!
E i volti. Concentrati, tesi, intenti, ma d'occhio spento. Facce grigie, se non allampadate d'arancione tram (il 19, che credo non esista più, come son vecchio!). Ieri ho visto un abbiente sindromico di down ustionato dalle lampade, la testa microcefalica, in preda a una frenesia sconclusionata davanti a Louis Vuitton, pacchi di tutte le griffe che gli cascavano ovunque pur di avere di più, di ghermire di più, in una mongoloide voluttà gradevolissima alla vista.
Movimenti meccanici, precisi e il più possibile ordinati. Ci si imbottiglia dentro Abercrombie. C'è materiale per un libro grottesco, non a caso ci sto provando da due anni.
Ci si potrebbe chiedere dove andremo a finire, ma sarebbe troppo semplice, basterebbe sedersi e guardare, o anche stare in piedi e mescolarsi topescamente con le sagome di legno.
Chi tira i fili tanto dolcemente da non essere visto? Sembra facile dare un nome a questo meccanismo che tanto ricorda la visione del Molech di Fritz Lang.
Chiamiamolo Molech. Un'essenza multipla creata da noi stessi per riempire i vuoti che noi stessi ci creiamo.
Ci mettiamo nella condizione di desiderare ciò che non abbiamo e di invidiare l'immagine proposta dal Molech, di chi invece possiede. E badiamo bene, desideriamo cose che non servano alla sopravvivenza. Per lo più banalità. Quelle banalità che, tipo il Pocket Coffee, dovrebbero darti un pò di piacere nei momenti di vuoto.
Perchè a noi nessuno ci insegna che anche il vuoto è bello. Nessuno ci insegna a svuotarle le cose, ma a riempirle di fuffa.
E così la testa è piena di sughero, l'espressione e vacua, e usciti da Nespresso si fa un saltino al dirimpettaio D-Squared.
Perchè a Gesino Bambù i Re Magi, con sguardo spento e movimenti meccanici, gli portarono le scarpine di Tom Ford, la sciabola da Champagne damascata di Lorenzi, e un bel Cartier d'oro massiccio. E il bue e l'asinello soffiavano a temperatura costante di 22 gradi, mentre Ponzio Pilato faceva i pilates in vista di grandi pranzi. Natalizi.
I miei regali? ho ricevuto in dono Velocità lettura libri +2, e delle occhiaie da far impallidire Nosferatu.
Piuttosto trovo interessante chiedermi cosa faremo quando il vuoto sarà colmato completamente.
Entreremo nella orrenda cavità circondata dalle fauci insaziabili di Molech e senza più desideri, appagati di niente, verremo ciucciati come mandarini.
Accompagnati da un Campari.


Il Molech di Metropolis (Fritz Lang, 1927)

1 comment:

  1. Sacrosante parole amico....a me paice apettare i lprimo giorno che finiscono i saldi per fare acquisti, e godo quando mi dicono "ma kazzo sono finiti ieri, cosi costa di piu'" Beh mi piace cosi', sono masochista e anche un po sado e adoro i lfetish con le ragazze in reggicalze e tacchettate(lo preciso sempre).
    Il vuoto, il vacuo.... m i riporta a un ricordo di una chiesa sconsacrata e abbandonata.Dentro una band chiamata KALIDON declama la song VACUUM.ti ricordi l autore??? ehehehe amo la coerenza dopo tanti anni. ciauz

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