Wednesday, August 10, 2016

Il misofono


Il fonometro binaurale misura situazioni esistenti che potrebbero non essere tali nelle dimensioni relative al nulla.

Vado a letto tardi e dormo poco, le idee sembrano materializzarsi a notte fonda e seduto alla scrivania rimango a fissare lo spazio di muro vuoto di fronte agli occhi. le pareti devono essere di cartone perchè i cafoni che abitano di fronte russano generando un coro gospel da maiali sgozzati vivi. Magari li sgozzassero davvero, almeno questa litania bestiale avrebbe fine. E invece no, ogni notte la stessa storia, loro dormono io no. Scopassero almeno, sentirei qualcosa di nuovo. Ho voluto risparmiare quelle due lire per l'abitazione per recuperare sui vizi, il condominio in cui vivo rasenta l'ignobile, e questo è il prezzo da pagare: microcella abitativa e muri in pelle di culo è quello che mi merito. Hai voluto la bicicletta e ora pedali. E poi ti trovi con un triciclo con la ruota scassata.
Sta notte è peggio delle altre. non riesco a scrivere niente figurarsi dormire. Nello schermo ottico statale oblungo non danno niente di interessante, perciò mi è uscita solo una cagata del genere:

Beccaria
portami via
la lotteria
la Cia
dagli alla spia
non è tua zia
radio Maria
è una bugia
è una bugia.

È del tutto senza senso, e il bello è che lo so. Una roba a cazzo di cane. Puttanate.

Rinuncio ai poemi epici e provo a calmarmi con un bicchiere di Jack Daniel's Sinatra Edition. Ecco dove finiscono i soldi.
Infilo gli auricolari fonoresistenti standard forniti dall'Amministratore nelle orecchie. Ascolto gli Alcest e il ragliare delle bestie si attenua. Affilo la katana che tengo sotto il letto, la cosa mi calma e un paio di ore di sonno riesco a farle.
La cosa che più mi fa imbestialire di quelli che russano è che quando gli si fa notare l'orrenda abitudine negano a spada tratta con interrogativi negazionisti: "Chi, io russo? Mavà sei te che hai il sonno leggero, ma figurati!"

Alcuni suoni non solo mi innervosiscono, stimolano istinti omicidi che stento a riconoscere come qualcosa che mi appartenga. Non so se dovrei provare vergogna o meno, ma è un dato di fatto, alcune frequenze fanno venire voglia di torturare chi le produce.

Mi sveglio alle nove del mattino, orario inutile. Avrei voluto dormire di più, ma il nuovo inquilino che fresco di trasloco sta facendo i lavori se ne strasbatte che a quest'ora io sia ancora nel fodero. Che poi che lavori farà mai che siamo in un condominio di merda da barboni? Attacca piuttosto quelle due foto di figli orribili (o cani, non so se ha figli o cani il cretino) e non rompermi le palle. Ah già, il tipo è un giovane gay pignolo e quindi non ha figli. In compenso deve trapanare e martellare e sconquassare le mura di cartone per apportare chissà quali migliorie. Il Walter Gropius della Suburra, ma vai a cagare.

Entro in cucina e preparo un caffè, ma sento l'ennesimo suono disturbante. Il bimbo dell'altra famiglia di fianco sta mettendo i denti e grida dall'alba al tramonto.
Non so cosa sia peggio, uno che russa, e dorme profondamente e beato mentre tu soffri per colpa sua, o un'alba semi insonne accompagnata da un capriccioso essere alieno che grida forsennatamente perchè non vuole mangiare quella merda obrobriosoa di semolino. Del resto mi sembra di aver capito che gli esseri umani sentano il bisogno di accoppiarsi per riprodursi come fanno i topi e gli scarafaggi, quindi quello estraneo al sistema sono io. Con questi pensieri pratico la manovra di Valsalva e vado di corpo compilando un Sudoku di livello 4 su 5, mi sciacquo in fretta, i denti non li lavo, fanculo i denti, indosso i Wayfarer con le lenti polarizzate ed esco per andare in qualche bar a prendere un altro caffè e studiare la situazione.

Il portinaio ha il brutto difetto di picchiettare una Bic sulla sua scrivania nella guardiola. Mentre ti fissa picchietta quella cazzo di Bic come faceva l'insegnante di italiano alle scuole medie quando puntava lo sguardo sul tuo nome sul registro. Mi torna in corpo l'ansia di quando si attendeva la fatidica domanda: "Oggi chi interroghiamo?" E usciva il mio nome. Nel caso specifico del mio portinaio c'è un accentuarsi del ritmo della Bic se deve romperti i coglioni, accompagnato dalle seguenti parole tipo - Ieri un suo conoscento ha messo la bici nel cortile, ma mica si può fare così eh! La prossima volta la faccia leggere il cartelline qua ddavanti - E indica un cartellino fatto malissimo, da lui compilato a mano, con scritto sgrammaticato:
"Le biciclette degli estranei non vanno entrate di dentro il cortile.
Firmato L'AMMINISTRATORE".
E mentre mi indica il cartiglio il suono ticchettacche della Bic aumenta di frequenza e di intensità e diventa qualcosa di ingestibile per l'occipite.
Ora faccio un cenno di abnegazione con la testa, quasi un inchino, e me ne pento subito uscendo dalla guardiola. Perchè mai avrei dovuto sentirmi in colpa al ticchettio del portinaio? Perchè mai avrei dovuto sottomettermi a un semidecerebrato "Articolo 68/99" che in virtù della sua portinaietà avrebbe potere sulla mia dignità mattutina?
Domande senza una risposta.

Mentre cerco di raggiungere il bar appena fuori il portone del condominio passano tre motorette semi-cross di un paio di ragazzetti semi maggiorenni che producono un rumore talmente assurdo che mi fermo a fissarli. I cretinetti sono ormai già belli che spariti, ma vorrei che si voltassero dalla mia parte e vedessero lo sguardo omicida (in realtà, a guardarmi dall'esterno appaio come un povero coglione, ma questo, io, non lo posso sapere). A questo punto immagino di estrarre il coltello a farfalla, che porto sempre in tasca, per sgozzarli con una cravatta boliviana su misura, una di quelle che quando apri la gola la lingua scende a penzoloni come un foulard satanico. Purtroppo in realtà mi accorgo di restare a fissare il nulla mentre una signora per bene sulla cinquantina con un chihuahua mi chiede se va tutto bene.

Il chihuahua abbaia a raffica e quei megahertz fastidiosi ricordano il guaito disperato di quelle creature che in oriente i cuochi più raffinati spellano vive per poi metterle nell'olio bollente a farne involtini da mangiare accompagnati al riso. Una morte perfetta. Bravissimi i cuochi orientali, hanno il mio più totale supporto morale. 
Fisso l'animale e immagino quindi la dolce sequenza dello spellamento associato alle grida strazianti della bestia con l'acquolina in bocca e visualizzo una confezione di patatine di gambero soffiato, le stesse che ti danno al ristorante cinese quando aspetti le altre porcherie. Il topocane continua comunque a squittire mentre sorrido e saluto cortesemente la signora, è un'altra cara vicina di casa e io sono uno che ci tiene ai buoni rapporti.
Entro nel bar.

Appena varcata la soglia ho un momento di stallo perchè non so se ordinare al banco o sedere a un tavolino e farmi servire. Opto per un compromesso geniale: ordino al banco di farmi servire al tavolino.
Accendo il visore portatile omologato e rileggo le ultime cose che ho scritto e di cui non sono convinto quando una svogliata cameriera porta le cose e le appoggia a malo modo sul tavolino. Un caffè doppio lungo che il barista ha sbagliato e non ha fatto abbastanza lungo ma va bene lo stesso; un succo di pomplemo e una bottiglia di acqua che avrebbe dovuto essere gasata, la più gasata che avevano, mentre è una merda sgasata che manco per farci il bidè andrebbe bene. Faccio finta di niente, il caffè è comunque corroborante e sento un sollievo che si genera nel corpo dopo le  estenuanti ore notturne di ansia e mancato riposo.
Putrtroppo l'idillio deve cessare perchè sono assalito dall'ennesimo disagio sonoro. I terribili 195 / 208 megahertz di una donna annullano ogni altro suono dell'ambiente invadendo lo sfintere del mio cranio in modo, impedendo di proseguire qualsiasi azione. La lurida puttana.
Mi giro a guardarla immaginando che sia un cesso oltre la  cinquantina con la faccia della Littizzettoe il culo della Gucciari e invece vedo una figa imperiale che mi rimescola le idee. Bionda, alta, giovane, senza segni, truccata benissimo, 
Mi volto e torno ai fatti miei, ma non riesco perchè sento ancora quella terribile voce. Non seguo neppure i discorsi che fa con l'amica dallo sguardo vitreo e tuttavia quelle terribili frequenze invadono la privacy come un ospite indesiderato. Non è il volume, neppure è il tono isterico, sono i fottuti megahertz. Ma è proprio lei la fonte di questo ragliare infinito e chioccio oppure l'amica bruttina? È lei, è lei, non ci sono dubbi.
Ho la soluzione in pugno. Chiudo lo schermo del computer e mi allontano dalla fonte sonora. Torno all'origine, ovvero al bancone e ci appoggio il succo di pompelmo e appena mi sembra di averla passata liscia sento un risucchio provenire dalla mia sinistra. Mi volto e un vecchio sull'ottantina sorbisce fragorosamente un tiepido e nauseabondo caffelatte in alternanza a plateali risucchiate di cornetto alla crema (quest'ultima continua a cadere per terra a ogni pucciata). È una scena bruttissmima eppure nessuno sembra farci caso.
Ho un conato di vomito e simulando normalità vado alla cassa per pagare la fallimentosa colazione, ed ecco che in attesa la svogliata cameriera di prima che ora smangiucchia rumorosamente una chewing gum fissandomi con aria strafottente. Prima di spaccarle la faccia con una testata porgo i soldi con garbatezza e scappo fuori in strada.

La sensazione di disagio psicologico che provo ascoltando ormai qualsiasi suono si proietta sul corpo in modo devastante. Non riesco a valutare più nulla in modo relativo. Tutto mi risulta odioso. Solo nel silenzio più totale ho una momentanea tregua, quindi mai. In alternativa posso ascoltare del metal estremo mentre rimetto in ordine le armi che ho predisposto per un ipotetico assalto. Un assalto a chi? Ai vicini che russano come luridi maiali? All'architetto omosessuale? Ai proletari coi figli-cloni frignosi? Al portinaio sottosviluppato che ticchetta la penna a seconda dell'umore? Alla vecchia col chihuahua fastidioso? Alla tipa figa che però ha la voce come una cessa? Al vecchio che sorbisce succhiando dalla dentiera di gomma? Alla cameriera svogliata che smangiucchia cazzi a colazione?
Mi mangio la pelle delle mani fino a farle sanguinare. Balbetto davanti allo specchio scuse che reciterò davanti all'amministratore. Ho sbagliato, dirò, eh vabè, uno potrà sbagliare o no? Era tutto uno scherzo, dirò simulando uno stato di confusione, volevo solo spaventarli, in fondo sono loro che mi hanno aggredito, io non sapevo che fosse così tagliente la spada cinese. Tirerò il mento in fuori con la bocca un pò aperta e farò colare un pò di sputo. Farò una pernacchia e riderò indicando un punto. Reciterò la successione di Fibonacci, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 35, 54, 89, e continuerò a rincorrere i numeri fino a quando non riuscirò a far credere di essere completamente fuori di testa e quindi bisognoso di aiuto.

Nella camera anecoica dove l'amministratore mi ha rinchiuso i cunei di materiale spugnoso assorbono qualsiasi suono e ora posso vivere in pace e armonia col mio essere. Uno schermo ottico statale oblungo trasmette perennemente immagini di operazioni chirurgiche nelle quali bravissimi otorini recidono corde vocali senza soluzione di continuità.
Ora sto bene, sono felice.
Non sento niente. 
Anestesia totale.
Benem.

Saturday, July 30, 2016

BALIRITNO


Ho trovato in fondo a una tasca un buono per la spesa, ma non ricordando l'importo esatto, erano cento sacchi o meno?, mi dirigo al centro commerciale fuori città per fare la spesa.
La strada è piuttosto lunga, ma almeno risparmierò sugli acquisti e starò rifornito per qualche giorno.
Abbandonando la città attraverso in macchina le periferie più squallide e disumanizzanti e l'umore si adatta di conseguenza. Sono semi ipnotizzato dalla mancanza di grazia e resto quasi affascinato dal brutto che circonda l'umanità.
Giungo a destinazione dopo aver sbagliato strada e bestemmio sputando bava come un cane rabbioso. Solo dopo svariati secondi ritrovo la calma e mi accorgo dell'eccessivo impeto di rabbia, prendere un'uscita per un'altra non dovrebbe essere così tremendo dopo tutto.
Mentre parcheggio la Smart al secondo livello sotterraneo quasi vuoto dell'immane complesso commerciale ho il primo contatto con le forme di vita del luogo. I volti spenti di famiglie che deambulano spingendo giganti carrelli della spesa e fissano in contemporanea i cellulari mi riempiono di un vago senso di disperazione. Non una persona guarda in alto, neppure davanti a se. Sono tutti presi da Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat, l'applicazione del meteo, Google maps, Yahoo news, Tumblr. Tutti, me compreso abbiamo un espressione vuota come una maschera senza lineamenti.
Prendo le scale mobili per raggiungere il punto delle informazioni e anch'io abbasso la testa e guardo il cellulare. Lo guardo e basta, come per far finta di fare qualcosa, per nascondere il disagio che temo possa trapelare.
L'inespressiva signorina al desk controlla la carta e mi riferisce l'importo, ho poco più di cento crediti, per cui balbetto un ringraziamento che lei scambia per qualcosa di sgradevole e mi dirigo a fare la spesa. Prima di trovare il supermarket mi perdo un'altro paio di volte. Questo posto è come un labirinto. Ora ho un tic nervoso che fa scattare l'occhio sinistro insieme alla guancia corrispondente. Oppure forse credo di averlo. Non è una cosa bella in ogni caso.
Altoparlanti invisibili diffondono nell'ambiente una musica da ascensore a un volume nè alto nè basso. I suoni stessi non procurano picchi emozionali, non capisco se sto giochetto faccia parte di un lavaggio del cervello atto a rincoglionire i clienti o a invogliarli ad acquistare sconclusionatamente e senza ritegno.
Hanno predisposto una zona ristoro addirittura all'ingresso (o all'uscita?) del supermarket; è un self service tipo mensa dei militari che serve roba fritta e carne del giorno prima riscaldata.
Nel carrello di misure sproporzionate dispongo le cose a caso: No, le uova no perchè le prenderò dal pizzicagnolo di fiducia che al mercoledì le ha fresche di gallina. Faccio lo stesso ragionamento con la mozzarella di bufala che prima estraggo e poi rimetto nel frigorifero.
Un melone; delle cipolle rosse di Tropea. Con la coda dell'occhio vedo personaggi con dei difetti fisici talmente eclatanti da non poterli nascondere, gente che si muove a scatti, con tic nervosi diversi dai miei. Più che umani sembrano quasi insetti alieni con parvenze che ricordano quelle umane. Poi mi miene in mente che probabilmente l'unico alieno qui in giro sono io, nongli altri. 
E allora forse loro hanno ragione e io sono quello sbagliato. Chi sono io per squadrare e giudicare gli altri.
Poi passa un'altra famiglia con bambini che inciampano perchè fissano i loro piccoli cellulari coi loro piccoli piedini in formazione rapida e smetto di sentirmi in colpa.
Dove sono?
Perchè non ho preso la mozzarella? Rimango una manciata di minuti a fissare il banco dei surgelati, poi afferro di impulso una borsa termica e ci infilo una confezione di ghiaccioli Liuk da otto pezzi; faccio un ballottaggio tra la pizza congelata "Supreme Big Americans" e la Regina Margherita con mozzarella extra (è sempre una questione di mozzarella alla fine), ma la Supreme Big Americans prevale; mi dirigo con determinazione cieca verso il minestrone della salute Findus e ne prendo un paio. Un tizio vestito da militare dei servizi segreti si aggira in modo furtivo con una confezione di pomodori proveniente dal Belgio: la sua fidanzata è pallidissima e guarda a bocca aperta lo scaffale con i sottaceti come se vedesse la madonna.
Sento dei suoni anomali provenire dalle casse, una specie di codice Morse, e alzando gli occhi verso il soffitto vedo una telecamera di sorveglianza. Una di quelle sferiche che si vedono anche per strada usate dalla polizia. Mi convinco che non siano per la sicurezza del supermercato, ma strumenti di monitoraggio diretti alle agenzie di marketing sociale, o qualcosa del genere. Questo ragionamento viene bruscamente interrotto mentre intercetto proprio di fianco a me una collezione svafillante di macchinine Hot Wheels in blister coloratissimi che mi riportano all'infanzia. Qualcosa mi cola dal naso, non è moccio, sembra una roba rosa. Ne sento il sapore, è salato e sa di ferro, è come sangue ma senza la densità del sangue.
Non riesco a concentrarmi più di tanto perchè riprendo conoscenza alle casse dove una fila interminabile di corretti compratori ripone con una calma inquietante gli articoli sul rullo trasportatore.
Mi giustifico in qualche modo con la tipa dietro, una trentenne calva vestita con indumenti che odorano di straccio bagnato, inventando per scusa che ho dimenticato una cosa, e mi tolgo dalla fila. Perchè mi son sentito in dovere di giustificarmi con la fila? Torno furtivo al banco surgelati e imbosco la borsa termica, con tutti gli articoli dentro, in un vano nascosto. Faccio il giro a ritroso e mi accorgo di vivere in un'angosciosa moviola nella quale sono l'unico a non voler essere qui.
Mi vengono in mente immagini di gente che ce l'ha fatta nella vita, i calciatori di serie B che rimorchiano a Formentera le ragazze che scroccano i drink nei priveè, le fashion blogger che vengono sponsorizzate dalle marche di moda, i presenzialisti, il genio che ha trovato il metodo di prelevare occultamente un euro da un milione di utenti Bancomat ignari e si sveglia ogni volta a mezzo giorno con un milione di euro in più sul suo conto nelle isole Cayman.
La musica di sottofondo suona un abominio che potrebbe essere Burt Bacharach misto a rap italiano. I rapper italiani. I rapper italiani che fanno i duri coi tatuaggi sul collo.
Improvvisamente sento provare qualcosa che si chiama invidia. Mi spinge a voler essere qualcun'altro, qualcos'altro. Mi spinge a non ammirare, a non prendere a esempio, ma a odiare e a volere di più. Più cose, più oggetti, più benessere, più cibo, più alcool. Anch'io voglio essere invidiato.
Oddio, perchè penso a questo? Io ho già tutto. Oppure no?
Dietro di me una telecamera sferica protetta dal plexiglass rotea su se stessa e allo scaffale dei sughi pronti un paio di figuri in camice verde pisello annotano degli appunti su un tabulato. Indossano una mascherina come i giapponesi quando hanno il raffreddore.
Mollo il carrello dove sono e fuggo verso l'uscita. Un bambino che fissa il cellulare (giocava svogliatamente a Cookie Jam, dopo un lieve capriccio per le Hot Wheels, e ciò conferma palesemente il mio sottosviluppo cerebrale) mi indica muto senza distogliere lo sguardo dallo schermo e io sento un bisogno pazzesco di comprare dei calzini in offerta speciale "cinque per tre" da Calzedonia, ma poi finisco addosso ad una zoppa.
Non ho più una personalità. Voglio comprare qualsiasi cosa.
Farò ciò che vorrete, basta che finisca tutto al più presto.
Inizio a sbavare provando un senso di sollievo, la cosa inizia a piacermi, tutto sommato, penso, sbavare non è poi così male, e intanto fisso lo schermo del cellulare in stop mentre percorro le scale mobili al contrario tentando di raggiungere i parcheggi sotterranei. Era il terzo livello? Non ricordo il livello. Quando sono arrivato ore fa, un secolo fa, questo posto era vuoto, ora è pieno zeppo di macchine e mezzi, suv bifamiliari, furgoni, scooter enormi a tre ruote, mini-autobus col dispositivo elettronico sali e scendi. Da dove cazzo arriva tutta sta gente? Vivono qui dietro? Hanno tutti una tessera prepagata di buoni spesa come la mia?
La mia mozzarella. Alla fine potevo prenderla, che coglione.
prendo il primo ascensore che trovo e salgo di un livello. Mentre un uomo sulla cinquantina senza fronte e con l'attaccatura dei capelli da orango aggiorna il suo profilo di Snap sul telefonino (mette in vendita dei sandali femminili, ma del cinquanta di taglia), mi appare la "Lettera alle Chiese: di Efeso" dell'Apocalisse di Giovanni sullo specchio di fronte. Tutto sommato non fa l'effetto apocalittico che aspettavo ed uscendo dall'ascensore cerco di ricordare il numero del blocco e il colore della sezione di dove avevo messo il mezzo. Giallo? Verde? Rosso? Niente, giro a vuoto come un topo in un esperimento di vivisezione. Vedo dei corpi che si muovono da lontanissimo e li saluto con la manina che fa ciao come fanno i giapponesi in vacanza quando gli ordinano di fare una foto, ma niente, nessuna reazione.
Sono io o sono gli altri?
Gli altoparlanti nascosti ora diffondono garbatamente un Easy Listening da aereo di linea con melodie semplicissime che invece di calmarmi rendono ancora più insopportabile e assurda la permanenza in questo dedalo megalitico di cemento.
Non c'è un'anima a cui chiedere un'informazione. Com'è possibile che nessuno svolga la mansione di ausiliario del parcheggio nei momenti del bisogno? Dove cazzo mi trovo e soprattutto perchè mi trovo qui?
Cerco in tasca la tessera buono sconto prepagata e non la trovo. Altro motivo di panico.
Torno a prendere l'ascensore e non capisco se sto salendo o scendendo. rido da solo come un cretino. Si aprono le porte ed esco con un espressione demente stampata in faccia. Ho paura e le dita delle mani e dei piedi sono gelate.
Una famiglia di analfabeti funzionali guarda sorridendo in modo vago senza capire il mio bisogno disperato di soccorso.
L'automobile non c'è da nessuna parte. Mi sono perso. Ma non qui. Mi sono perso dentro. Il labirinto esiste per davvero ed è dentro la mia testa. Mi chiedo se sono arrivato qui con la macchina mia o forse mi ci ha portato qualcuno.
Prendo il telefono e chiamo un numero a caso. Risponde il chirurgo che mi operò la schiena otto anni or sono. Fa finta di ricordarsi di me. Io dissimulo, gli dico che vivo all'estero, non so nemmeno perchè sto mentendo. Vesso in uno stato confusionale e mi sento calvo e grasso.
Inizio a piangere perchè dopo tutto volevo solo vincere al grattaevinci e comprare una mozzarella di bufala da mezzo chilo, ma non ho fatto nè l'uno nè l'altro. Questo dimostra che sono un fallito.
Trovo un angolo vicino ad un altoparlante che diffonde confortante un brano anonimo senza alti e bassi e mi accovaccio per terra assumendo una posizione fetale. Dal naso cola ancora quella roba che non si capisce se è sangue o moccia rosa.
Il mondo là fuori è troppo pericoloso ora, forse è meglio se torno dentro il centro commerciale. Magari mangio qualcosa, magari compro dei calzini in offerta; al multiplex danno l'ultimo film della Marvel, qualcosa di non impegnativo dove i buoni vincono e i cattivi vengono banditi in una ultradimensione, per giustificare che nessuno sia stato ucciso, anche se sono personaggi finti. Magari mi distraggo.
Nella posizione fetale in cui mi trovo ricordo di avere un cellulare. Lo prendo e vado su Facebook.
Sono per terra aggrovigliato su me stesso mentre rido ebete cambiando la mia foto di profilo.
Sono perso in un labirinto e accolgo il nulla nel mio spirito.
Il futuro è bellissimo.

Thursday, June 23, 2016

I Film italiani, ma con un certo senso di tenerezza


Assisto a un compleanno di "18 anni". Ora capisco dove si pescano le situazioni per i film italiani sui giovani per famiglie più o meno giovani.
Tenerezza soprattutto. Giovanotti in giacche e cravatte spaiate e prestate dai padri. Scarpe larghe con le stringhe sciolte. Le ragazze stanno dritte sulle sedie e vogliono sembrare più grandi di quello che sono. Quella a capo tavola con le tette più sviluppate delle altre che sta un pó gobba per vergogna.
Il secchione, che anche se ci sono trentasette gradi fuori si è messo un cardigan coi bottoni.
Il "bello della classe" che mostra sicurezza, probabilmente quella nella terza sedia a destra, anche se non è la più bella, gli ha fatto la prima seghina alla festa di compleanno di uno degli altri della "cumpa". Ora lei vorrebbe continuare la storia con lui, ma lui punta alla tettona a capotavola, quella di prima che sta un pó gobba, ma a cui piace il figlio del notaio che siede nell'ultimo angolo a sinistra. Lui sta in disparte perchè è il secchione, ma ha un fratello più grande che spaccia fumo e che ha fatto due giorni in galera, o così si dice.
C'è l'anoressica sensibile che a tre quarti del film si suiciderà con una boccetta intera di Xanax in gocce per via del fatto che non si piace e quindi è convinta che non piacerà mai a nessuno e allora si beve tutte ste cazzo di gocce, e con il sottofondo di una musica drammaticissima di qualche squallida band raccomandata italiana ci sarà questa catarsi di dramma e lacrimuccia che ci condurrà mano a mano come bravi bambini ammaestrati ad un finale nel quale impareremo che la vita va avanti comunque, e in realtà siamo tutti buoni e cattivi allo stesso tempo.
E i buoni e i cattivi non esistono, nemmeno il figlio maggiore del notaio che spacciava, che in realtà è buono anche lui perchè tutto sommato è stata la vita e l'assenza della figura paterna a portarlo a fare le scelte che ha fatto.
Si fanno delle firme, dei contratti. Poi ci sarà gente che tirerà fuori del grano sonante.
Esce il film o il libro, o forse prima il libro e poi il film visto che qualche autore lo si trova. C'è la fila di autori.
 Poi ci saranno delle presentazioni in giro da Celtrinelli perchè siamo ovviamente tutti di sinistra e la sinistra è buona e quindi va bene. Poi passerà del tempo, le generazioni cresceranno, si parlerà di questi film come un fenomeno dei tempi, come qualcosa che doveva essere fatto.
Gli attori che hanno fatto questo film saranno cresciuti, alcuni saranno scoppiati, perchènsi saranno drogati di brutto nelle serate nei club ovunque, altri magari faranno qualche film (o serie televisiva) interessante. Si organizzeranno premi. Premi dove saranno premiati anche quelli che portavano i panini a quelli che sistemavano le luci.
Poi si andrà nei locali della capitale (ovvio e dove se non nella capitale?) e incontrerai il montatore della serie televisiva che è uscita ispirandosi al film del "regista per fascia di film da famiglia ma con tema giovani del centro Italia" e gli stringerai la mano e gli farai i complimenti per il montaggio.
Ma dopo il terzo martini ti accorgerai che tutto ció non ti appartiene e vorresti solo ascoltare l'ultimo disco dei Russian Circles, che nessuno se li caga e non hanno nemmeno un cantante ma sentirli ti aiuta a dimenticare il vuoto pesante e insistente della presenza inutile di questo mondo di merda.
E allora, come disse l'immigrato ametrano di Bianco Rosso e Verdone: 
"Annat' tutt' quant a piglià n't er cul!"
E sostanzialmente in Italia è il difetto che fa la differenza, non il pregio. Ma va bene così, c'è la pastasciutta, le belle donne, gli uomini con le maniglie dell'amore e l'ATAC: Associazione Teologica Amici Cristo.